Vince l'integrazione!
La situazione economica di queste prime due decadi del XXI secolo sta conducendo le organizzazioni verso una loro ristrutturazione. Verso un cambiamento in grado di rispondere alle questioni relative alla condivisione delle informazioni, ai vincoli e alla competizione sulle risorse, ai tempi di ciclo, alle inefficienze legate alla duplicazione dei servizi o alla loro frammentazione etc.
In questo processo di rinnovamento, ha assunto un ruolo preminente la gestione della complessità e, di conseguenza, la necessità di intervenire con un approccio multidisciplinare.
Il change management si focalizza sulla transizione da un assetto corrente ad uno futuro desiderato, ovvero sull’esame delle dinamiche che sono alla base di un processo di cambiamento: strategia, sviluppo organizzativo, competenze individuali e collettive, relazioni umane e comunicazione.
Il project management, invece, si concentra sui metodi, sulle tecniche e sugli strumenti per assicurare il successo di un progetto, ovvero per gestire in maniera integrata i diversi aspetti di un progetto: l’ambito, la schedulazione, i costi, la qualità, le risorse, le comunicazioni, i rischi e gli approvvigionamenti.
Quale dei due approcci adottare? Sono due antagonisti come in un derby?
L’esperienza dimostra che spesso i decisori politici e i manager adottano metodi, tecniche e strumenti inadeguati a governare la complessità dei processi di cambiamento. La gestione del settore sanitario e di quello sociale può rappresentare un esempio in tal senso. Quando si creano network in grado di coordinare i servizi dei due settori, si migliora la qualità complessiva delle prestazioni erogate.
Questo è uno di quei contesti in cui change management e project management, entrando in gioco come alleati e integrandosi, possono offrire soluzioni innovative.
Infatti, pur con le loro diverse caratteristiche, i due approcci presentano delle importanti analogie che forniscono le basi per una loro integrazione.
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Quali sono le analogie? Entrambi implicano la definizione di obiettivi chiari, l’individuazione di un leader, la gestione dei processi e la determinazione di una sequenza temporale. In più, per entrambi, è fondamentale la gestione degli stakeholder, soprattutto in fase di pianificazione, al fine di garantire la comune convergenza verso obiettivi rispondenti alla pluralità dei portatori di interesse.
L’integrazione tra change management e project management è una combinazione potenzialmente efficace nelle iniziative che implicano cambiamento nelle organizzazioni (Boddy & Macbeth, 2000; Leybourne, 2006; Levasseur, 2010; Pa ́da ́r, Pataki, & Sebestyen, 2011; Winch, Meunier, Head, & Russ, 2012; Project Management Institute 2013; Hornstein 2015).
In che modo le differenti prospettive dei due approcci possono supportare la riuscita dei processi di cambiamento?
La sfida si gioca sul campo dell’abilità di allineare i cicli di vita del change management e del project management e di connettere i processi legati al cambiamento con i risultati conseguiti.
Soprattutto quando l’integrazione tra change management e project management è impostata nelle fasi iniziali di pianificazione e si adotta un approccio iterativo all’esecuzione del progetto, si evidenziano i maggiori benefici. Si raggiungono, così, gli obiettivi condivisi e misurati secondo specifici criteri di progetto e si gestiscono gli aspetti culturali e comportamentali relativi alle modalità con le quali un’organizzazione opera. Ulteriori benefici sono: una migliore capacità di coordinare i gruppi di progetto, più coinvolgimento organizzativo e una maggiore probabilità di successo nel lungo periodo.
In definitiva, change management e project management, se correttamente integrati, permettono non solo di raggiungere meglio gli obiettivi prefissati ma anche di allinearli maggiormente all’evoluzione della strategia dell’organizzazione.